...sai bene che nessuno puo' essere pessimista se vive vicino a un ruscello o a un campo di grano. Quando il ruscello chiacchiera di notte, quando la luna sorge e il vento passa nel grano, si sentono i sussurri degli dei.
Sherwood Anderson
lunedì 18 febbraio 2013
lunedì 11 febbraio 2013
"Spessore" del presente
Gli eventi su una galassia lontana si dividono in tre gruppi: quelli per noi "passati" di cui vediamo gli effetti, quelli "futuri", sui quali possiamo influire, e un gruppo di eventi ne' passati ne' futuri (ma sui quali non possiamo influire), che include pero' milioni di anni sulla nostra galassia.
Ti supplico, mio Dio
Ti supplico, mio Dio, cerca di esistere almeno un poco, di seguire cio' che succede, sforzati di vedere perche' vivere senza testimoni e' un inferno! Io grido: Padre mio, ti supplico e piango, esisti!
Zinov'ev
Zinov'ev
Non sappiamo piu' giocare alla vita
Gli uomini non corteggiano più le donne. Diventiamo cinici: non ne vale la pena, tanto poi finisce. Eppure non c’è gioco più bello dell’amore. Non comincia tutto con un gioco di sguardi per diventare poi un gioco di anime? Però non ci riesce più di stare al gioco.
Il gioco è una delle finestre aperte per scandagliare il guazzabuglio sociale del cuore umano. Il gioco è un’isola perfetta, un territorio circoscritto da regole precise in cui il rischio - a differenza della realtà - è controllato e non può farci troppo male. Sono proprio le regole e la fiducia negli altri che rendono appassionante e libero il gioco, che finisce infatti quando uno bara o dice “non gioco più”. Così è per ogni gioco: soprattutto quello dell’amore. Ma andiamo con calma. Oggi ci sono altri giochi che ci rivelano la fatica che facciamo a giocare la vita “sul serio”.
Prima c’è il grande gioco di ruolo globale: Facebook. Un gioco in cui uno fa la parte di se stesso, indossa la maschera di sé, grazie a foto in cui è più bello di come appare nella realtà e scrive frasi più intelligenti di quelle che pronuncia nella realtà. Appartiene alla categoria di giochi in cui impersoniamo qualcun altro. Da bambini diventavamo il dottore, la maestra, la mamma, il pompiere. Oggi diventiamo il profilo di Facebook. Il bambino che fa il pompiere non vuole fare il pompiere, ma vuole fare l’adulto, imita le cose che fanno i “grandi”. I nostri profili di Fb imitano chi noi vorremmo essere da “grandi” (non adulti, “grandi”, “magni” come Alessandro e Carlo). È un gioco antico: oscillare tra reale e ideale, tradendo spesso il primo a favore del secondo, con tutti i rischi di don Chisciotte e Madame Bovary. Certo lo facciamo per farci amare, farci amare un po’ di più: infatti essere un po’ più amabili ci fa credere di essere un po’ più amati. Le bacheche di Fb sono facciate immacolate, ma il ritratto, come Dorian Gray, è nella soffitta della nostra anima. E un giorno per farci amare davvero dovremo mostrare anche quello, con le sue brutture, a nostro rischio e pericolo.
Poi c’è Ruzzle. Abbiamo le parole e le parole dimorano, crescono e maturano nelle poesie e nelle pagine di prosa. Quando le troviamo brillano come pepite in una miniera. Le riconosciamo come un gioiello smarrito nell’angolo di un cassetto. Oggi leggiamo un po’ meno, anzi oggi leggiamo meno poesie e meno pagine di prosa di quelle che salvano le parole. Certo, ci informiamo moltissimo, ma finiamo con l’usare sempre le stesse parole e magari lasciamo entrare nella nostra anima mostri come endorsement (che poi “appoggio” non suona tanto male). Ruzzle segnala sulla carta geografica dell’anima la nostra nostalgia per le parole: ci mancate, parole. Tornate, parole, per favore, a dirci chi siamo e come siamo. Ruzzle non è altro che il vecchio Cose Nomi Città. Giochi antichi, nomi (affari) nuovi.
E poi c’è il gioco del calcio: l’agon, la battaglia. La vita è lotta e il calcio oggi ne è la sublimazione più comoda e spettacolare. Dal divano di casa si lotta bene. Un agone senza agonia, a tutte le ore del giorno. Che cosa c’è di meglio di lottare senza sudare ma provando le stesse emozioni?
Certo c’è anche l’azzardo: il gratta-e-vinci, il bingo, le slot-machine e tutto quella categoria di giochi che ci ricorda che la vita è una lotta contro il destino. Non c’è merito che conti, ma puro caso a cui abbandonarsi finanche a naufragare, come purtroppo succede ai ludopatici, vittime del destino che hanno sfidato.
Da ultimo ci sono i giochi della vertigine: quelli che piacciono ai giovani, quelli che portano a perdersi per ricordarsi che nella vita non vorremmo avere regole, infrangendo persino quelle assolute. Ogni sballo che sfida la ragione e l’istinto di conservazione: dal bungee jumping a chi beve più birre. Giochi che possono portare a giocare la vita, fino a perderla.
I giochi del nostro tempo ci dicono chiaro che noi vogliamo “giocarci la vita” e vogliamo che gli altri “giochino sul serio”, ma allo stesso tempo ci rivelano che spesso ci accontentiamo di prenderci gioco della vita: insomma bariamo. E invece avremmo bisogno di essere veri giocatori e non bari della vita: giocare un po’ di più nel quotidiano e con le persone che abbiamo accanto. Fare un amore più vero, tornare a corteggiare senza sfumature di grigio, leggere una bella poesia e magari impararla a memoria, essere persone amate e non solo amabili profili, accettare l’agone senza il divano, lavorare in modo più giocoso e azzardare qualche scelta invece di lamentarci sempre della sfortuna.
Non ho dimenticato l’amore, il gioco dei giochi. Il gioiello più fragile e prezioso della vita, che per indossarlo infatti incastoniamo giorno per giorno nell’oro dei riti. Eppure sembra che il galateo dei sentimenti stia sparendo. Non sappiamo più giocare come si deve. Non sappiamo più arrossire, corteggiare, sfiorare, cercare parole, ricordare un anniversario e fare una sorpresa. Compriamo subito, afferriamo subito, dimentichiamo subito. Ci prendiamo gioco dell’amore, bariamo, per poi scoprire che ci siamo giocati la felicità. E finiamo col nasconderci dietro un cinico e dolorante: non gioco più.
Alessandro D'Avenia
sabato 9 febbraio 2013
Der Prinz
Wir wollten zusammen bauen
Ein eigenes schönes Haus,
Hoch wie ein Schloß zu schauen
Mit dem Blick über Strom und Auen
Auf die stillen Wälder hinaus.
Wir wollten alles verlernen,Was klein und häßlich war,Wir wollten Nähen und FernenMit Glücksliedern übersternen,Die Kränze des Glückes im Haar.Nun hab ich ein Schloß erbauetIn verstiegener Höhenruh;Meine Sehnsucht steht dort und schauetSich müd und der Tag vergrauet, -Prinzessin, wo bliebest du?Nun gebe ich allen WindenMeine heißen Lieder mit.Sie sollen dich suchen und findenUnd sollen das Leid dir künden,Das mein Herz um dich erlitt.Sie sollen dir auch erzählen,Ein lockend unendliches Glück,Sie sollen dich küssen und quälenUnd sollen den Schlummer dir stehen -Prinzessin, wann kommst du zurück.
Il Principe
Volevamo costruire assieme
una casa bella e tutta nostra
alta come un castello
per guardare oltre i fiumi e i prati
sui boschi silenti.
Tutto volevamo disimparare
cio' che era piccolo e brutto,
volevamo decorare con canti di gioia
vicinanze e lontananze,
la corona di felicita' nei capelli.
Ora ho costruito un castello
su un'estrema e silenziosa altura;
la mia nostalgia sta la' e guarda
fin alla noia ed il giorno si fa grigio
principessa, dove sei rimasta?
Ora affido a tutti i venti
i miei canti arditi.
Loro devono cercarti e trovarti
e svelarti il dolore
di cui soffre il mio cuore.
Devono anche raccontarti
di una seducente infinita felicita'
devono toccarti e tormentarti
e devono rubarti il sonno -
principessa, quando tornerai?
I taste a liquor never brewed
I taste a liquor never brewed -
From Tankards scooped in Pearl -
Not all the Vats upon the Rhine
Yield such an Alcohol!
Inebriate of Air - am I -
And Debauchee of Dew -
Reeling - thro endless summer days -
From inns of Molten Blue -
When "Landlords" turn the drunken Bee
Out of the Foxglove's door -
When Butterflies - renounce their "drams" -
I shall but drink the more!
Till Seraphs swing their snowy Hats -
And Saints - to windows run -
To see the little Tippler
Leaning against the - Sun -
Emily Dickinson
From Tankards scooped in Pearl -
Not all the Vats upon the Rhine
Yield such an Alcohol!
Inebriate of Air - am I -
And Debauchee of Dew -
Reeling - thro endless summer days -
From inns of Molten Blue -
When "Landlords" turn the drunken Bee
Out of the Foxglove's door -
When Butterflies - renounce their "drams" -
I shall but drink the more!
Till Seraphs swing their snowy Hats -
And Saints - to windows run -
To see the little Tippler
Leaning against the - Sun -
Emily Dickinson
Like to the falling of a star
Like to the falling of a star,
Or as the flights of eagles are,
Or like the fresh spring's gaudy hue,
Or silver drops of morning dew,
Or like a wind that chafes the flood,
Or bubbles which on water shood:
Even such is man, whose borrow'd light
Is straight call'd in and paid to night.
The wind blows out, the bubble dies,
The spring intomb'd in autumn lies;
The dew's dried up, the star is shot,
The flight is past, and man forgot.
Simil destino alla stella cadente,
o a quello dell'ali dell'aquila in volo,
alle tinte sgargianti e fresche di primavera,
a gocce d'argento di rugiada al mattino,
o ai flutti che s'alzano inseguiti dal vento,
o a cerchi che appaiono sull'acqua di polla:
tale e' quello dell'uomo, luce prestata
e tosto richiesta e in notte ridata.
Il vento si ferma, il cerchio scompare,
primavera s'affossa e in autunno riposa;
rugiada si secca, la stella e' passata,
il volo dell'ali e' finito, e l'uomo scordato.
Henry King (1592-1669)
Or as the flights of eagles are,
Or like the fresh spring's gaudy hue,
Or silver drops of morning dew,
Or like a wind that chafes the flood,
Or bubbles which on water shood:
Even such is man, whose borrow'd light
Is straight call'd in and paid to night.
The wind blows out, the bubble dies,
The spring intomb'd in autumn lies;
The dew's dried up, the star is shot,
The flight is past, and man forgot.
Simil destino alla stella cadente,
o a quello dell'ali dell'aquila in volo,
alle tinte sgargianti e fresche di primavera,
a gocce d'argento di rugiada al mattino,
o ai flutti che s'alzano inseguiti dal vento,
o a cerchi che appaiono sull'acqua di polla:
tale e' quello dell'uomo, luce prestata
e tosto richiesta e in notte ridata.
Il vento si ferma, il cerchio scompare,
primavera s'affossa e in autunno riposa;
rugiada si secca, la stella e' passata,
il volo dell'ali e' finito, e l'uomo scordato.
Henry King (1592-1669)
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