mercoledì 27 marzo 2013

Canzone

Le nuvole sono legate alla terra ed al vento.
Fin che ci saran nuvole sopra Torino
sarà bella la vita. Sollevo la testa
e un gran gioco si svolge lassù sotto il sole.
Masse bianche durissime e il vento vi circola
tutto azzurro - talvolta le disfa
e ne fa grandi veli impregnati di luce.
Sopra i tetti, a migliaia le nuvole bianche
copron tutto, la folla, le pietre e il frastuono.
Molte volte levandomi ho visto le nuvole
trasparire nell'acqua limpida di un catino.
Anche gli alberi uniscono il cielo alla terra.
Le città sterminate somiglian foreste
dove il cielo compare su su, tra le vie.
Come gli alberi vivi sul Po, nei torrenti
così vivono i mucchi di case nel sole.
Anche gli alberi soffrono e muoiono sotto le nubi
l'uomo sanguina e muore, - ma canta la gioia
tra la terra ed il cielo, la gran meraviglia
di città e di foreste. Avrò tempo domani
a rinchiudermi e stringere i denti. Ora tutta la
vita son le nubi e le piante e le vie, perdute nel cielo. 

Cesare Pavese

Meriggiare pallido e assorto

Meriggiare pallido e assorto 
presso un rovente muro d'orto, 
ascoltare tra i pruni e gli sterpi 
schiocchi di merli, frusci di serpi. 

Nelle crepe dei suolo o su la veccia 
spiar le file di rosse formiche 
ch'ora si rompono ed ora s'intrecciano 
a sommo di minuscole biche. 

Osservare tra frondi il palpitare
lontano di scaglie di mare 
mentre si levano tremuli scricchi 
di cicale dai calvi picchi. 

E andando nel sole che abbaglia 
sentire con triste meraviglia 
com'è tutta la vita e il suo travaglio 
in questo seguitare una muraglia 
che ha in cima cocci aguzzi di bottiglia.

Eugenio Montale

martedì 26 marzo 2013

Quando vedo l'allodola alzarsi


Can vei la lauzeta mover
de joi sas alas contra·l rai,
que s'oblida e·s laissa chazer
per la doussor c'al cor li vai,
ai! tan grans enveya m'en ve
de cui qu'eu veya jauzion!
Meravilhas ai, car desse
lo cor de dezirer no·m fon
...

Quando vedo l'allodola alzarsi
di gioia le ali contro il sole,
e obliarsi e lasciarsi cadere
per la dolcezza che le scende in cuore,
ah, quanta invidia mi viene
di chiunque io veda felice,
e meraviglia dentro discende
che subito il cuor non si fonda.
...

Bernard de Ventadorn

L'autore osserva l'allodola innalzarsi contro il sole (nell'originale provenzale il sole non viene neanche menzionato: si dice "contro i raggi", ancora piu' efficace). Anche il poeta alza lo sguardo, ed e' abbagliato dalla luce. Vedete come sono allineati: osservatore, allodola, sole. L'autore vede il movimento libero delle ali, e poco altro: vola anche lui. L'animale gioisce di liberta', al punto di perdersi nella beatitudine, di fermare le ali, e di cadere stordito (il movimento descritto e' realistico: ci sono uccelli, come la ballerina, che volano cosi' a scatti, e anche l'allodola puo' farlo). Il poeta si immedesima prima con l'allodola, poi amplia l'orizzonte di condivisione a tutti quelli che gioiscono, si perde anche lui in questo paradiso di dolcezza, e anche il suo cuore, come quello del volatile, si ferma, si "perde". "Ove per poco il cor non si spaura" dice Leopardi. E come Leopardi anche il nostro autore quasi annega in questo mare di stimoli sensoriali ed emozionali.

Ultimo Frammento

E hai ottenuto quello che
volevi da questa vita, nonostante tutto?
Sì.
E cos’è che volevi?
Potermi dire amato, sentirmi
amato sulla terra.

Raymond Carver

lunedì 25 marzo 2013

Sensation

Sensation

Par les soirs bleus d'été, j'irai dans les sentiers,
Picoté par les blés, fouler l'herbe menue :
Rêveur, j'en sentirai la fraîcheur à mes pieds.
Je laisserai le vent baigner ma tête nue.

Je ne parlerai pas, je ne penserai rien :
Mais l'amour infini me montera dans l'âme,
Et j'irai loin, bien loin, comme un bohémien,
Par la Nature, heureux comme avec une femme.


Sensazione
Nelle sere azzurre d'estate andro' per sentieri,
punzecchiato dal grano, a pestar l'erba fine:
trasognato sentiro' la frescura ai piedi.
Lascero' il vento bagnarmi la testa nuda.

Non parlero', non pensero' a niente:
ma amore salira' nell'anima infinito,
e andro' lontano, lontano vagabondo,
nella Natura, - come a una donna unito.

Arthur Rimbaud

La ventesima elegia

Se muoio seppellitemi con la cassa armonica della mia viola,
che il legno sottile del mio involucro possa risuonare

e far tremare gli alberi e le rocce; che tutti gli strati del giurassico
riflettano le onde del mio violoncello: la mia lingua, le note,

lei si, lei muore se il mio stradivari non e' piu' suono e sostanza, la mia,
la vostra, di voi che nascenti o nascituri riceverete dal fondo della lingua

cio' che rimbomba al di la'.

Giorgio Manacorda

Nota di lettura di Paolo Febbraro
Manacorda e' un poeta romantico nel senso profondo del termine. I versi riportati qui sopra rappresentano il ventesimo episodio di un libro di elegie ancora inedito, in cui Manacorda esplora la potenza e le sconfitte della poesia come mai gli era accaduto finora. E questa esplorazione si rivela un ritorno: l'abissale seppellimento del poeta nella terra madre, la sonora vicinanza della lingua della "sostanza", insomma il piu' romantico slanciarsi verso la vertiginosa origine si risolve nell'infinita immagine di Orfeo, il cui canto fa "tremare gli alberi e le rocce". Forse e' l'io del poeta che deve morire per consentire alla poesia di rimandare ad altri "cio' che rimbomba al di la'"

domenica 24 marzo 2013

Perche' amo gli animali

Perché amo gli animali? Perché io sono uno di loro.
Perché io sono la cifra indecifrabile dell’erba,
il panico del cervo che scappa,
sono il tuo oceano grande e sono il più piccolo degli insetti.
E conosco tutte le tue creature: sono perfette in questo amore che corre sulla terra per arrivare a te.

sabato 23 marzo 2013

Da certi giorni in qua

...
Da certi giorni in qua, lo scandaglio, come sai, tocca fondo; e la qualità di quella materia che gli vien dietro, mi pare indizio buono. Verso sera, le nuvole intorno al sole, mi si dimostrano d’altra forma e di altro colore da quelle dei giorni innanzi. L’aria, come puoi sentire, è fatta un poco più dolce e più tepida di prima. Il vento non corre più, come per l’addietro, così pieno, né così diritto, né costante; ma piuttosto incerto, e vario, e come fosse interrotto da qualche intoppo. Aggiungi quella canna che andava in sul mare a galla, e mostra essere tagliata di poco; e quel ramicello di albero con quelle coccole rosse e fresche. Anche gli stormi degli uccelli, benché mi hanno ingannato altra volta, nondimeno ora sono tanti che passano, e così grandi; e moltiplicano talmente di giorno in giorno; che penso vi si possa fare qualche fondamento; massime che vi si veggono intramischiati alcuni uccelli che, alla forma, non mi paiono dei marittimi. In somma tutti questi segni raccolti insieme, per molto che io voglia essere diffidente, mi tengono pure in aspettativa grande e buona.

Giacomo Leopardi, Dialogo di Cristoforo Colombo e Pietro Gutierrez

giovedì 21 marzo 2013

Dulce ed Decorum est

Bent double, like old beggars under sacks,
Knock-kneed, coughing like hags, we cursed through sludge,
Till on the haunting flares we turned our backs
And towards our distant rest began to trudge.
Men marched asleep. Many had lost their boots
But limped on, blood-shod. All went lame; all blind;
Drunk with fatigue; deaf even to the hoots
Of tired, outstripped Five-Nines that dropped behind.

Gas! Gas! Quick, boys!---An ecstasy of fumbling,
Fitting the clumsy helmets just in time;
But someone still was yelling out and stumbling,
And flound'ring like a man in fire or lime...
Dim, through the misty panes and thick green light,
As under a green sea, I saw him drowning.

In all my dreams, before my helpless sight,
He plunges at me, guttering, choking, drowning.

If in some smothering dreams you too could pace
Behind the wagon that we flung him in,
And watch the white eyes writhing in his face,
His hanging face, like a devil's sick of sin;
If you could hear, at every jolt, the blood
Come gargling from the froth-corrupted lungs,
Obscene as cancer, bitter as the cud
Of vile, incurable sores on innocent tongues,---
My friend, you would not tell with such high zest
To children ardent for some desperate glory,
The old Lie: Dulce et decorum est
Pro patria mori.

(Poesia su un attacco col gas)

Piegati in due, come vecchi accattoni sotto sacchi,
con le ginocchia che si toccavano, tossendo come streghe, bestemmiavamo nel fango,
fin davanti ai bagliori spaventosi, dove ci voltavamo
e cominciavamo a trascinarci verso il nostro lontano riposo.
Uomini marciavano addormentati. Molti avevano perso i loro stivali
ma avanzavano con fatica, calzati di sangue. Tutti andavano avanti zoppi; tutti ciechi;
ubriachi di fatica; sordi anche ai sibili
di granate stanche, distanziate, che cadevano dietro.

Gas! Gas! Veloci, ragazzi! – Un brancolare frenetico,
mettendosi i goffi elmetti appena in tempo;
ma qualcuno stava ancora gridando e inciampando,
e dimenandosi come un uomo nel fuoco o nella calce…
Pallido, attraverso i vetri appannati delle maschere e la torbida luce verde,
come sotto un mare verde, l’ho visto affogare.

In tutti i miei sogni, prima che la mia vista diventasse debole,
si precipita verso di me, barcollando, soffocando, annegando.

Se in qualche affannoso sogno anche tu potessi marciare
dietro al vagone in cui lo gettammo,
e guardare gli occhi bianchi contorcersi nel suo volto,
il suo volto abbassato, come un diavolo stanco di peccare;
se tu potessi sentire, ad ogni sobbalzo, il sangue
che arriva come un gargarismo dai polmoni rosi dal gas,
ripugnante come un cancro, amaro come il bolo
di spregevoli, incurabili piaghe su lingue innocenti, –
amica mia, tu non diresti con tale profondo entusiasmo
ai figli desiderosi di una qualche disperata gloria,
la vecchia Bugia: Dulce et decorum est
pro patria mori


Wilfred Owen

domenica 17 marzo 2013

La fiera dei miracoli

Un miracolo comune:
l'accadere di molti miracoli comuni.

Un miracolo normale:
l'abbaiare di cani invisibili
nel silenzio della notte.
Un miracolo fra tanti:
una piccola nuvola svolazzante,
che riesce a nascondere una grande pesante luna.
Più miracoli in uno:
un ontano riflesso sull'acqua
e che sia girato da destra a sinistra,
e che cresca con la chioma in giù,
e non raggiunga affatto il fondo
benché l'acqua sia poco profonda.
Un miracolo all'ordine del giorno:
venti abbastanza deboli e moderati,
impetuosi durante le tempeste.
Un miracolo alla buona:
le mucche sono mucche.
Un altro non peggiore:
proprio questo frutteto
proprio da questo nocciolo.
Un miracolo senza frac nero e cilindro:
bianchi colombi che si alzano in volo.
Un miracolo – e come chiamarlo altrimenti:
oggi il sole è sorto alle 3,14
e tramonterà alle 20.01
Un miracolo che non stupisce quanto dovrebbe:
la mano ha in verità meno di sei dita,
però più di quattro.
Un miracolo, basta guardarsi intorno:
il mondo onnipresente.
Un miracolo supplementare, come ogni cosa:
l'inimmaginabile
è immaginabile.

sabato 16 marzo 2013

George Gray

Molte volte ho studiato
la lapide che mi hanno scolpito:
una barca con vele ammainate, in un porto.
In realtà non è questa la mia destinazione
ma la mia vita.
Perché l’amore mi si offrì e io mi ritrassi dal suo inganno;
il dolore bussò alla mia porta, e io ebbi paura;
l’ambizione mi chiamò, e io temetti gli imprevisti.
Malgrado tutto avevo fame di un significato nella vita.
E adesso so che bisogna alzare le vele
e prendere i venti del destino,
dovunque spingano la barca.
Dare un senso alla vita può condurre a follia
ma una vita senza senso è la tortura
dell’inquietudine e del vano desiderio -
è una barca che anela al mare eppure lo teme.

Edgar Lee Masters

venerdì 15 marzo 2013

A Dio

Sempre Te chiamo
quando tocco il fondo,
so il numero di telefono a memoria
e ti disturbo
come un maniaco
abbarbicato al telefono;
lascio un messaggio
se sei fuori. Perdona,
perdonami di tutto.
So che a volte cancelli
a qualche fortunato
il debito che tutti con te abbiamo.
La bolletta falla pagare
a me, ma dimmi almeno
che non farai togliere
la mia linea: ti prego,
quando echeggera'
quell'ultimo e doloroso
squillo, Dio - per Dio! -
non staccare, rispondimi.

Vittorio Gassman

giovedì 14 marzo 2013

Noi

Non dirmi mai ti amo
perche' le parole sono false
non dirmi mai ti sogno
perche' i sogni svaniscono
non dirmi mai sei il mio cielo
perche' il cielo si rabbuia
non dirmi mai sei il mio angelo
perche' gli angeli volano via
non dirmi mai ti desidero
perche' i desideri finiscono
non dirmi mai sei la mia vita
perche' la vita si consuma
dimmi solamente...ascolta
perche' il silenzio
parlera' per sempre di noi.

Pat Suedi

mercoledì 13 marzo 2013

E' come se ormai vivessimo dentro unita' temporali scandite dalla giornata. Non viviamo piu' anni, decenni, ere, epoche, ma giorno dopo giorno. Imprigionati in una struttura iterativa in cui le vicende dell'esistenza individuale e collettiva ci sfuggono perche' noi le misuriamo con un metro corto, un giorno alla volta. Non c'e' progressione, non c'e' crescita, c'e' solo accumulo. Sparisce da questo orizzonte il tempo della Storia, che ha segnato il XX secolo. Quella forma di organizzazione del racconto della vita, ma anche del sentimento del tempo, per cui io sto dentro la Storia, e cio' che faccio oggi si richiama all'opera di generazioni precedenti, e si ricollega a quella delle generazioni future: quel respiro ampio, quel racconto piu' grande, che ha caratterizzato nel bene e nel male, nella sua grandiosita' tragica, il xx secolo. Con il passaggio del tempo dalla Storia alla cronaca, si perde la possibilita' di dare un senso alle nostre sofferenze. E' venuta meno l'idea che la sofferenza patita possa essere redenta, in un tempo piu' grande, in un racconto maggiore. E cosi' la nostra esistenza scivola verso una direzione nella quale la cronaca e' sempre cronaca nera.

Antonio Scurati

lunedì 11 marzo 2013

O l'universo ha avuto un'origine

O l'universo ha avuto un'origine, che la scienza non ha ancora scoperto: in questo caso, e' stato preceduto da un'assenza totale dell'essere; questo significa che e' il risultato di un'estrazione dal nulla, che e' probabilmente indicibile (perche' per spiegare come il nulla abbia potuto cessare di essere nulla, bisogna riconoscergli delle proprieta' che, per il semplice fatto che esistono, fanno si' che si distingua da se', il che determina delle aporie insuperabili...). O l'universo non ha avuto origine: in questo caso, c'e' sempre stato dell'essere, mai del nulla; quindi, evidentemente, la questione dell'origine dell'universo non si pone piu', era solo un problema mal formulato, ma e' sostituita da un'altra questione, la piu' impenetrabile di tutte, quella dell'essere: perche' l'essere invece del niente?

Etienne Klein

domenica 10 marzo 2013

Se ti adoro

Se ti adoro

Se ti adoro per timore dell'Inferno, bruciami nell'Inferno!
Se ti adoro per desiderio del Paradiso,
Rinserrami nel Paradiso.
Ma se ti adoro per Te stesso soltanto,
Non negarmi la tua bellezza eterna.

O my Lord,
the stars glitter
and the eyes of men are closed.
Kings have locked their doors
and each lover is alone with his love.
Here, I am alone with You.
O my Lord,
if I worship you
from fear of hell, burn me in hell.
If I worship you
from hope of Paradise, bar me from its gates.
But if I worship you
for yourself alone, grant me then the beauty of your Face.


Rabia al Basri

Due amori

To ho amato di due amori -
uno egoista, e uno che e' degno di Te.
Nell'amore egoista
mi sono riempita di Te
ad esclusione di tutti gli altri.
Ma nell'amore che e' degno di Te
Tu hai alzato il velo e io ho potuto vederti.
La lode mia non e' a questo o a quello,
La lode e' a Te sia in questo che in quello.

Rabia al Basri

mercoledì 6 marzo 2013

Wild nights - Wild nights!

Wild nights - Wild nights!
Were I with thee
Wild nights should be
Our luxury!

Futile - the winds -
To a Heart in port -
Done with the Compass -
Done with the Chart!

Rowing in Eden -
Ah, the Sea!
Might I but moor - tonight -
In thee!

Notti selvagge - Notti selvagge!
Fossi io con te
Notti selvagge sarebbero
La nostra voluttà!

Futili - i venti -
Per un Cuore in porto -
Via il Compasso -
Via la Mappa!

Vogare nell'Eden -
Ah, il Mare!
Potessi soltanto ormeggiare - stanotte -
In te!

Emily Dickinson

martedì 5 marzo 2013

Invenzione della vita

Vista contro il nero profondo dello spazio, la Terra e' una seducente sfera verde-azzurra. Nel corso di tutta la storia soltanto una ventina di persone ha provato l'emozione di vedere il nostro pianeta dalla Luna e oltre, ma la fragile bellezza delle immagini della Terra inviate dallo spazio e' scolpita nella mente di una generazione. Non c'e' nulla che si possa paragonare a questa emozione. Insignificanti controversie umane su confini, giacimenti petroliferi e religioni si dissolvono quando ci rendiamo conto che questo minuscolo globo vivente circondato da un vuoto infinito e' la nostra casa comune; di piu', che e' la casa che condividiamo con le invenzioni piu' meravigliose della vita, nei confronti delle quali resteremo sempre debitori.
  Fu la vita stessa a trasformare il nostro pianeta dalla massa rocciosa inospitale e sconvolta da intensi bombardamenti meteorici che era in tempi lontani, quando orbitava intorno a una stella giovane, nel faro galleggiante vibrante di vita che e' il nostro mondo attuale visto dallo spazio. Fu la vita a dare al nostro pianeta il suo colore verdeazzurro, quando piccolissimi batteri fotosintetici ripulirono gli oceani e l'atmosfera riempiendoli di ossigeno. Grazie alla disponibilita' di questa nuova e potente fonte di energia, la vita esplose. Infiniti fiori sbocciano e richiamano l'attenzione di insetti e di altri esseri viventi, intricati coralli nascondono guizzanti pesci dorati, grandi mostri attendono in agguato in oscuri abissi, gli alberi si protendono verso il cielo, e dappertutto ronzano animali, si muovono piu' o meno goffamente e guardano. E in mezzo a tutto questo ci siamo noi, spinti dai misteri inesprimibili di questa creazione, noi raggruppamenti cosmici di molecole senzienti, pensanti e curiose, noi capaci di meravigliarci e di chiederci in che modo ci siamo trovati qui, a vivere su questo pianeta.

Nick Lane